Mellini, Domenico, Discorso, 1583

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1à chi è prouede: & quella conſeguita che gl'hà
reſta di muouere.
E in oltre da auuertire,
che ſe il Motore moueſſe per lo Fine, & non lo
poteſſe conſeguire, ne acquiſtare ne al Mobi­
le, ne à ſe; ò non moueria in ordine al Fine: ne
il Fine mouerebbe come deſiderato: ò il me­
deſimo Motore moueria in vano.
La qual co
ſa è aſſurdiſsima & ſconueneuoliſsima à dirſi
poiche ogni Agente adopera per lo Fine.
Nel ſecondo modo ſomigliantemente, non
ſi potrebbe fare: per la ragione, che non vuole,
che quando la coſa è giunta, & arriuata al ſuo
Termine, la ſi muoua piu: anzi chiede di fer­
marſi: come di niciſtà la Paglia quando la toc
ca l'Ambra; & il ferro tocca la Calamita, che
queſto & quella ſi ferma.
Nella Terza maniera finalmente non ſi po­
trebbe dare il Moto perpetuo: perche il tira­
re ſempre, & ſempre muouere tirando à ſe, ò
ad altra coſa, per via di Moto locale il Mobile,
ricercherebbe diſtanza infinita tra'l Motore
e'l Mobile; & vertù infinita nel Mouente, ò fuſ
ſe artifiziale, ò naturale.
Le quali coſe non ſi
concedono; come ne anco la durazione per
petua delle coſe ſublunari nel medeſimo eſſe­
re & ſtato: ò ſiano fatte dalla Natura, ò ritro­
uate dall' Arte.
Reſtacihorà à ragionare de' Termini: den­
tro à quali cotal Moto neceſſariamente dec
farſi; & dello Spazio & del Luogo piu partico
larmente, & del Tempo.

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