Mellini, Domenico, Discorso, 1583

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1ue egli ragionò della Statua di Venere, fatta di
legno
da Dedalò: la quale ſi moueua per for­
za
dell'Ariento viuo, che vi era dentro.
La
qual
coſa ancora ſcritta & prima da Plato­
ne
: il quale fece menzione delle Statue di Deda
con dire, che le erano fuggitiue, ne ſi pote­
uano
fare ſtare ferme ſe non legando le: ma non
diſſe
in vertù di che coſa le ſi moueſſero, riſpon
do
; Che quando è fuſſe vero, che l'Ariento vi
uo
le haueſſe ſenza l'aiuto di altra coſa fatte
muouere
, il che io non credo; non però ſi con
chiude
la perpetuità di quel Moto, per riſpet­
to
della Statua, non atta à durare ſempre.
Et ag
giungo
di piu, l'Ariento viuo non eſſer baſte­
uole
per muouere da ſe corpo alcuno: maſsi­
mamente
ſegl'hauerà in ſe qualche grauezza;
ma
hauer di biſogno, che qualch'altra coſa lo
aiuti
, & concorra ſeco nel muouere del corpo
Mobile
.
Et che ciò ſia vero, lo dimoſtra la ſpe
rienza
, maeſtra delle coſe, & alla quale chi non
crede
, ſi può dire; che ſia fuori di ſe.
Vedeſi adum
que
manifeſtamente che'tutto che lo Ariento
viuo
sfugga il Tatto & ſia sdrucciolante, mo­
bile
& fuggitiuo, non però ſi muoue ſe' non
è
tocco, ò moſſo il luogo, doue gl'è, ancora
che
non terminato, ne riſtretto da quello.
La
qual
coſa mi credere, & può ad altri dare à
baſtanza
ad intendere, che quando vna Statua
ne
fuſſe in buona parte piena, non per ciò ſi
mouerebbe
: ne l'Ariento per ſe ſteſſo la mo­
ueria
; eſſendo che' ſarebbe all'hora termina-

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