Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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7046DELLA FORZA DE’ CORPI al qual mirando, riſpoſi: come v. piace; e co-
minciai
accoſtarmivi.
Et egli ſeguendomi, queſt’
albero
, diſſe, mi torna alla memoria il plata-
no
famoſo di Socrate, il qual parve a Cicerone,
che
più che per l’ acqua, che lo irrigava, foſſe
creſciuto
per l’ orazion di Platone.
Ben dovrete,
riſpoſi
io allora, dimenticarvi di quel platano,
udendo
me.
Così dicendo, giunti a piè dell’ al-
bero
, mi poſi io prima a ſedere ſu l’ erba, indi
il
Signor Marcheſe vicin di me.
Et io preſa la
penna
in mano, diſegnai toſto ſopra il foglio,
che
egli mi recò, una figura, la quale chiamai
prima
, avviſando, che alcun’ altra doveſſe aggiun-
gerleſi
.
Indi guardando tutti e due nella medeſi-
ma
, io cominciai.
Fate ragione che il tempo, in
11F.I. cui cade un corpo, movendo dalla quiete, e ve-
nendo
giù liberamente, ſia la linea AB, la qual
diviſa
nelle parti Ab, bd, df&
c. tutte tra loro egua-
li
, e di quella maggior piccolezza, che a voi pia-
cerà
, ſaranno queſte i piccioliſſimi interválli, ov-
vero
tempe@ti, di cui tutto il tempo AB ſi com-
pone
.
Riceva ora il corpo ſul principio del tem-
petto
Ab un’ impulſo dalla gravità;
et eſſendo
libero
e ſpedito a moverſi, ne acquiſti una pic-
coliſſima
velocità, e ſia queſta eſpreſſa per la li-
nea
Ar.
Egli è certo, che ritenendo il corpo, e
conſervando
per tutto il tempetto Ab la velocità
acquiſtata
Ar;
ſe noi faremo il rettangolo br, po-
tremo
far ragione, che queſto rettangolo br ſia lo
ſpazietto
, che il corpo verrà ſcorrendo nel

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