Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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21xvii lingua; e addur per ragione, che la lingua non
dee rifiutare le voci nuove, anzi dee arricchir ſe-
ne;
ma con tutto queſto però il vocabolo ſi rimar-
rà foreſtiero e barbaro, fino a tanto che la con-
ſuetudine lo approvi.
Ne io avrò mai per voci
italiane ne immiarſi, ne incinquare, come che le
abbia dette una volta il divino Dante;
non po-
tendomi capir nell’ animo, che debbano averſi per
voci italiane quelle, che gl’ Italiani generalmen-
te abborriſcono.
‘Può dunque un uomo ſolo propor
talvolta alcuna voce nuova o foreſtiera, e commet-
terla alla ventura, come fece Dante molte volte,
e più felicemente di lui il Petrarca;
ma ſe le orec-
chie la rifiutano, non potrà mai fare che ella ſia
della lingua, ne poſſa dirviſi introdotta.
Laonde
quelli, che banno pur voglia di introdur nuove
voci, e ſtimano gran lode l’ inventarne alcuna;
come non ſon ſicuri dell’ eſito, così dovrebbono far-
lo rade volte, e non ſenza molta diſcrezione e giu-
dicio;
anzi dovrebbono eſaminar prima, ſe le vo-
ci, che vogliono introdurre, ſieno tali, che poſſa.

no piacere a quelle perſone, che hanno già avvez-
zate le orecchie alla lingua, e guſtatone alquanto
la bellezza, maſſimamente leggendo i libri buoni.

Perchè di vero la lingua italiana componendoſi del-
le vocí e delle forme migliori di tutte le provin-
cie, può dirſi, che non ſi parla in niuna provin-
cia;
laonde biſogna più toſto apprenderla dai libri:
il che non sò, ſe non poßa dirſi anche della fiorenti-
na.
Che ſe la vagbezza di introdur voci

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