Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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3511LIBRO I. animo nell’ avvenire, immaginarſi il noſtro; e
tanto più avrebbono eſſi diſiderato di veder voi,
per intender da voi di quanto ſiaſi quella loro fi-
loſofia per opera de voſtri moderni accreſciuta;
perchè parmi di avere udito, che coteſti moderni
van pur dicendo, tutta la maniera del filoſofar
loro eſſere derivata dai puriſſimi fonti di Pitago-
ra;
non ſo ſe per far’ onta ad Ariſtotele; ma pur
così dicono;
e non vogliono dover nulla, ſe non
a quella antica italica ſcuola;
benchè pretendono
di ſaperne molto più.
Della qual pretenſione, o
giuſta, o ingiuſta, che credete voi?
Io credo,
diſſi, Signor Marcheſe, che in molte coſe i mo-
derni ſappian più innanzi, che quegli antichi non
ſeppero;
e credo, che in tutte quegli antichi ſa-
peſſero molto più, che noi non crediamo;
ma
poſſono facilmente i moderni producendo le loro
opere chiamare a conteſa gli antichi, che non
poſſono produr le loro, avendole il tempo guaſte,
e la maggior parte involate.
Che ſe ci reſtaſſero
tutte ed intere, chi ſa di quante nobiliſſime co-
gnizioni le troveremmo piene, e quante quiſtio-
ni ſi vedrebbono eſſere antichiſſime, che ora ſi
credon nuove, e per ciò forſe ſi credon nuove,
perchè ſon tanto antiche, che il tempo ha potu-
to cancellarne fin la memoria.
Potrebbe dunque,
diſſe allora il Signor Marcheſe, quella così fa-
moſa quiſtione ſopra la forza viva de’ corpi, di
cui ſi fà ora tanto rumore nelle accademie e nel-
le ſcuole, eſſere ſtata una volta tratta ta da

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