1cerebbe la seconda vibrazione, gli conferiremo nuovo moto, e così successi
vamente con altri soffi, ma dati a tempo e non quando il pendolo ci viene
incontro, che così gl'impediremo e non aiuteremo il moto, e seguendo con
molti impulsi gli conferiremo impeto tale, che maggior forza assai che quella
d'un soffio ci bisognerà a cessarlo ” (ivi, pag. 100, 1).
vamente con altri soffi, ma dati a tempo e non quando il pendolo ci viene
incontro, che così gl'impediremo e non aiuteremo il moto, e seguendo con
molti impulsi gli conferiremo impeto tale, che maggior forza assai che quella
d'un soffio ci bisognerà a cessarlo ” (ivi, pag. 100, 1).
Così Galileo si godeva il merito di aver posta in sicuro da tutte le dif
ficoltà la dottrina del Fracastoro, e di aver perciò più compiutamente di
tutti risoluto il maraviglioso problema del risonar delle corde non tocche,
quando rigidi censori lo colsero in contradizione con sè medesimo e lo ac
cusarono d'incauto nell'aver seguìto gli esempi del Keplero, il quale volle
estendere la spiegazione fracastoriana non all'unisono solo, ma a tutte le
altre consonanze.
ficoltà la dottrina del Fracastoro, e di aver perciò più compiutamente di
tutti risoluto il maraviglioso problema del risonar delle corde non tocche,
quando rigidi censori lo colsero in contradizione con sè medesimo e lo ac
cusarono d'incauto nell'aver seguìto gli esempi del Keplero, il quale volle
estendere la spiegazione fracastoriana non all'unisono solo, ma a tutte le
altre consonanze.
“ ABC, dice uno di questi censori, sia lo spazio che corre la vibra
zione della corda grave d'un'ottava mossa da A (fig. 55) e B ne sia il punto
120[Figure 120]
zione della corda grave d'un'ottava mossa da A (fig. 55) e B ne sia il punto
120[Figure 120]
Figura 55.
di mezzo, cioè quello che la parte in
due metà. Similmente DE sia lo spa
zio che corre la vibrazione della corda
acuta della medesima ottava, e D sia
il punto di mezzo ond'ella è mossa. Facciamo ora che nel medesimo istante
si muovano a far le loro vibrazioni i punti A, D e discorriamo così: Men
tre A va in B, D viene in E e riceve a seconda la sospinta e l'impulso fa
vorevole d'A. Ma mentre B prosegue il suo andare in C non torna E in D?
e nello scontrarsi che fanno in que'lor due moti contrarii non si cozzano?
non si urtano insieme l'aria BC con la corda ED? ” (Bartoli, Del suono,
Roma 1679, pag. 161).
di mezzo, cioè quello che la parte in
due metà. Similmente DE sia lo spa
zio che corre la vibrazione della corda
acuta della medesima ottava, e D sia
il punto di mezzo ond'ella è mossa. Facciamo ora che nel medesimo istante
si muovano a far le loro vibrazioni i punti A, D e discorriamo così: Men
tre A va in B, D viene in E e riceve a seconda la sospinta e l'impulso fa
vorevole d'A. Ma mentre B prosegue il suo andare in C non torna E in D?
e nello scontrarsi che fanno in que'lor due moti contrarii non si cozzano?
non si urtano insieme l'aria BC con la corda ED? ” (Bartoli, Del suono,
Roma 1679, pag. 161).
Se fosse stata fatta una simile interrogazione a Galileo in persona avrebbe
dovuto confessare che così dee nè più nè meno avvenire in due corde, una
delìe quali fosse tesa all'ottava, essendo questo proprio il caso de'soffi dati
ad un pendolo non a tempo, ma quando il pendolo stesso ci viene incon
tro, che così gl'impediremo e non aiuteremo il moto. E perchè lo stesso
ragionamento di quel censore, può applicarsi a tutte le altre consonanze, è
perciò che Galileo medesimo da sè confessa non potersi applicare il princi
pio de'piccoli urti accumulati a muover le corde tese, non verificandosi il
caso di così fatti accumulamenti altro che nell'unisono. Di qui si prese oc
casion d'ammirare l'accortezza del Fracastoro, che giusto al solo unisono
ristrinse la sua spiegazione, e s'ebbe giusto motivo di tacciar d'inconsiderati
il Keplero e Galileo, i quali estendendo quella spiegazione all'Ottava e alla
Quinta non si avvidero come ciò non poteva farsi, perchè contradiceva a quel
verissimo principio e a quella sicura norma posta già dal medesimo Fracastoro,
e ne'Dialoghi galileiani sperimentalmente confermata: oportet ut quae im
pellunt et faciunt motum ante non impediant motum qui retro fit a chorda.
dovuto confessare che così dee nè più nè meno avvenire in due corde, una
delìe quali fosse tesa all'ottava, essendo questo proprio il caso de'soffi dati
ad un pendolo non a tempo, ma quando il pendolo stesso ci viene incon
tro, che così gl'impediremo e non aiuteremo il moto. E perchè lo stesso
ragionamento di quel censore, può applicarsi a tutte le altre consonanze, è
perciò che Galileo medesimo da sè confessa non potersi applicare il princi
pio de'piccoli urti accumulati a muover le corde tese, non verificandosi il
caso di così fatti accumulamenti altro che nell'unisono. Di qui si prese oc
casion d'ammirare l'accortezza del Fracastoro, che giusto al solo unisono
ristrinse la sua spiegazione, e s'ebbe giusto motivo di tacciar d'inconsiderati
il Keplero e Galileo, i quali estendendo quella spiegazione all'Ottava e alla
Quinta non si avvidero come ciò non poteva farsi, perchè contradiceva a quel
verissimo principio e a quella sicura norma posta già dal medesimo Fracastoro,
e ne'Dialoghi galileiani sperimentalmente confermata: oportet ut quae im
pellunt et faciunt motum ante non impediant motum qui retro fit a chorda.