7559PARTE SECONDA.
ra ruſtica, ponendo nelle rotture varietà di forme di corpi, ſecondo il capriccio
di coloro, che penſano arricchire gli ornamenti con tali varietà non convene-
voli alla ſodezza, e alla dignità dell’opere, ciò facendo indifferentemente, e in
ogni luogo. E queſti non ſanno, che ſolamente gli ornamenti di qualunque or-
dine ſi ſogliono rompere con l’ opera ruſtica, la qual ſola è quella, che ha tal pri-
vilegio. E queſto ſi fa ſolamente nelle facciate dei palazzi, nelle porte delle caſe,
de’giardini, delle Fortezze, e delle Città, e non nelle fronti, e nelle porte delle
Chieſe, e d’altri luoghi ſagri, nè negli ornamenti degli Altari, e delle Cappelle,
Queſti tali rompimenti ſi pongono in luogo della continuazione convenevole,
e neceſſaria ai corpi degli ornamenti delle fabbriche, i quali, oltre al diſunir
l’opera, diſturbano, e interrompono la corriſpondenza, e l’uniformità delle for-
me degli ornamenti; e rimuovono le opere dalla buona ragione d’Architettura.
riducendole alla maniera barbara. Coſtume biaſimevoliſſimo, e dannoſo, intro-
dotto dai Muratori, dagli Stuccatori, dai Maeſtri di legname, e dai Pittori, la
mente dei quali non è di conſervare la buona Architettura antica, ma di ſe-
guitare i penſieri loro, non fondati in altro, che nella bizzarria dei loro capriccj.
E queſto baſti per fine di queſto Capitolo, e per ſigillo di queſta ſeconda Parte.
47[Figure 47]di coloro, che penſano arricchire gli ornamenti con tali varietà non convene-
voli alla ſodezza, e alla dignità dell’opere, ciò facendo indifferentemente, e in
ogni luogo. E queſti non ſanno, che ſolamente gli ornamenti di qualunque or-
dine ſi ſogliono rompere con l’ opera ruſtica, la qual ſola è quella, che ha tal pri-
vilegio. E queſto ſi fa ſolamente nelle facciate dei palazzi, nelle porte delle caſe,
de’giardini, delle Fortezze, e delle Città, e non nelle fronti, e nelle porte delle
Chieſe, e d’altri luoghi ſagri, nè negli ornamenti degli Altari, e delle Cappelle,
Queſti tali rompimenti ſi pongono in luogo della continuazione convenevole,
e neceſſaria ai corpi degli ornamenti delle fabbriche, i quali, oltre al diſunir
l’opera, diſturbano, e interrompono la corriſpondenza, e l’uniformità delle for-
me degli ornamenti; e rimuovono le opere dalla buona ragione d’Architettura.
riducendole alla maniera barbara. Coſtume biaſimevoliſſimo, e dannoſo, intro-
dotto dai Muratori, dagli Stuccatori, dai Maeſtri di legname, e dai Pittori, la
mente dei quali non è di conſervare la buona Architettura antica, ma di ſe-
guitare i penſieri loro, non fondati in altro, che nella bizzarria dei loro capriccj.
E queſto baſti per fine di queſto Capitolo, e per ſigillo di queſta ſeconda Parte.
SIccome il fine della Scienza della Medicina è il ricovramento della ſanità
dei corpi infermi, e il conſervamento della ſanità riacquiſtata; così il fine
dell’ Architettura ſono le fabbriche, le quali ſi fanno a benefizio umano, e il
conſervamento di eſſe, acciocchè fatte perpetue poſſano ſempre uſarſi dagli uo-
mini, o per la pietà, o per la difeſa delle vite loro. E però al buono Archi-
tetto non baſta l’aver fatto a perfezione i diſegni, e i modelli delle fabbriche
di qualſivoglia ragione, ed aver procurato con grandiſſima diligenza, che ſieno
condotte al fine loro, ſenza errori, ma è neceſſario, fatta qualunque opera,
porre grandiſſima cura nel conſervamento di eſſa, tenendo lontani tutti quelli
accidenti, e tutti quelli errori, che poſſon eſſer cagione di guaſtamento, e di rovina.
Che, ſiccome l’Architetto eterno del maggiore, e del minor Mondo, toſto che formò
l’uno, e l’altro, e toſto che produſſe qualſivoglia coſa, non l’abbandonò, ma ſem-
pre le fu aſſiſtente, la difeſe, e la conſervò, ſiccome ancora continuamente coſtuma
di fare: così l’Architetto temporale non dee, toſto che è finito qualunque edi-
fizio, abbandonarlo, ma biſogna, che gli ſtia intorno con diligente cura, per
conſervarlo, Ciò molto bene intendendo gli Antichi Romani, che furono ſem-
pre la norma del viver politico a tutte le Nazioni del Mondo, avevano, come
già ſi è detto, i Redentori, l’ufizio dei quali era d’approvare tutte le opere dei
fabbricatori, ſiccome ſi comprende dalle Iſcrizioni Antiche, e ſpezialmente dal-
le appreſſo eſpoſte, tratte dalle memorie Antiche del ſoprallodato Cittadini.
dei corpi infermi, e il conſervamento della ſanità riacquiſtata; così il fine
dell’ Architettura ſono le fabbriche, le quali ſi fanno a benefizio umano, e il
conſervamento di eſſe, acciocchè fatte perpetue poſſano ſempre uſarſi dagli uo-
mini, o per la pietà, o per la difeſa delle vite loro. E però al buono Archi-
tetto non baſta l’aver fatto a perfezione i diſegni, e i modelli delle fabbriche
di qualſivoglia ragione, ed aver procurato con grandiſſima diligenza, che ſieno
condotte al fine loro, ſenza errori, ma è neceſſario, fatta qualunque opera,
porre grandiſſima cura nel conſervamento di eſſa, tenendo lontani tutti quelli
accidenti, e tutti quelli errori, che poſſon eſſer cagione di guaſtamento, e di rovina.
Che, ſiccome l’Architetto eterno del maggiore, e del minor Mondo, toſto che formò
l’uno, e l’altro, e toſto che produſſe qualſivoglia coſa, non l’abbandonò, ma ſem-
pre le fu aſſiſtente, la difeſe, e la conſervò, ſiccome ancora continuamente coſtuma
di fare: così l’Architetto temporale non dee, toſto che è finito qualunque edi-
fizio, abbandonarlo, ma biſogna, che gli ſtia intorno con diligente cura, per
conſervarlo, Ciò molto bene intendendo gli Antichi Romani, che furono ſem-
pre la norma del viver politico a tutte le Nazioni del Mondo, avevano, come
già ſi è detto, i Redentori, l’ufizio dei quali era d’approvare tutte le opere dei
fabbricatori, ſiccome ſi comprende dalle Iſcrizioni Antiche, e ſpezialmente dal-
le appreſſo eſpoſte, tratte dalle memorie Antiche del ſoprallodato Cittadini.