Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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1blicamente conosciuto, e in che si abbatte colui, che vuol narrar le cose
non sull'autorità degli scrittori, ma sopra la verità dimostrata dai fatti, co­
sicchè in conclusione parrebbe fosse stato il Santorio il primo a riconoscer
la proprietà dell'isocronismo de'pendoli, e ad applicarla sagacemente alla
misura dei tempi.
Contro una siffatta conclusione però insorgono molti, e
affermano, senza il minimo dubbio, che l'isocronismo del pendolo e la prima
applicazione di lui all'orologio, sono scoperte e invenzioni di Galileo.
Il fon­
damento principale di una tale affermazione non è in altro per costoro, che
nella autorità di Vincenzio Viviani, della quale sarà da noi lungamente di­
scorso a suo luogo.
Ma intanto vogliamo far conoscere ai nostri lettori altri
documenti, diversi dai già noti, per i quali ci potremo chiarire anche me­
glio come e quanto il soverchio zelo, nel fervente Ammiratore del suo Mae­
stro, facesse ombra a veder chiaro e a scrivere il vero.
Nel Tomo CXVII dunque dei Discepoli, nella preziosa collezione dei
Manoscritti galileiani, dalla carta 60-63 si leggono alcuni studii dello stesso
Viviani sulle proprietà meccaniche de'pendoli, e sulle matematiche loro di­
mostrazioni.
È una scrittura informe, ma dentro alla quale si leggono di
propria mano le parole stesse, che noi qui trascriviamo.
“ Questa del pendolo (così par che il Viviani voglia dare il principio a
una sua Trattazione) si è una delle più antiche invenzioni e scoperte in na­
tura del Galileo, e fu circa l'anno 1580, quando egli era studente a Pisa,
nel trovarsi egli un giorno in quel Duomo, dove si abbattè di vedere, la­
sciata in moto, una lampada pendente da una lunghissima corda.
E, come
quello che da giovanetto s'era anche esercitato nella Musica, sotto la disci­
plina di quel gran Vincenzio suo Padre, che sì dottamente scrisse poi in Dia­
logo della Musica antica e moderna; perciocchè aveva impressa nell'anima
l'egualità de'tempi, co'quali essa si regola, riflettendo a quel moto, gli fu
facile il giudicarlo in mente sua equitemporaneo, sì nelle andate lunghe e
larghe al principio del moto, come nelle strette sul fine verso la quiete.
In
casa poi se ne chiarì in più modi con replicate esperienze esattissime, tro­
vando, coll'aiuto de'suoi compagni, che in un determinato numero di vibra­
zioni d'un certo pendolo, lasciato andar sempre da una distanza medesima
del perpendicolo, quante ne faceva un altro pendolo delle larghe, altrettante
in ciascuno ne faceva delle strette e delle strettissime.
Che se il numero di
queste eccedeva di qualcosa il numero di quelle, il che però si fa visibile
solamente dopo un numero grandissimo delle une e delle altre, attribuiva
questa piccola maggioranza al minore ostacolo, che arreca l'aria al mobile
più tardo, qual'è quello del grave pendolo nel passar gli archi più piccoli,
che al mobile più veloce, qual'è il medesimo nel passar gli archi grandi ”.
La storia narrata in quest'abbozzo di scrittura inedita è simile a quella
che pubblicò il Viviani nella Vita di Galileo, e che noi vedremo esaminata
diligentemente a suo luogo, dove dimostreremo la inverisimiglianza che la
prima occasione di scoprir l'isocronismo del pendolo si porgesse a Galileo
stesso nell'attendere a misurar la durata delle oscillazioni o più ampie o

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