1dicolari GE, GF, le quali son la giusta misura del dipartirsi i due raggi, sono
fra loro uguali. D'onde, essendo i due triangoli EGC, FGC uguali è facile
concludere che i due angoli ECB, ACF debbon pure essere uguali.
fra loro uguali. D'onde, essendo i due triangoli EGC, FGC uguali è facile
concludere che i due angoli ECB, ACF debbon pure essere uguali.
Le due leggi, soggiunge ivi Dante essere dimostrate dall'esperienza e
dall'arte, ossia dal ragionamento, il qual ragionamento è quello che noi ab
biamo ora spiegato dai versi del Poeta. Ma è facile vedere che anco qui,
come in Euclide a cui il Cantore de'citati versi tien d'occhio, tutto il fon
damento è nel fatto sperimentale e poco o nulla nell'arte, la quale ancora
doveva essere attesa assai lungamente.
dall'arte, ossia dal ragionamento, il qual ragionamento è quello che noi ab
biamo ora spiegato dai versi del Poeta. Ma è facile vedere che anco qui,
come in Euclide a cui il Cantore de'citati versi tien d'occhio, tutto il fon
damento è nel fatto sperimentale e poco o nulla nell'arte, la quale ancora
doveva essere attesa assai lungamente.
Non prima infatti del cominciar del secolo XVII si vide nel Keplero chi
tentasse di maneggiar quell'arte, invocando la Geometria applicata al moto
de'corpi, per dimostrar ciò che Euclide, e tutti gli altri Ottici dopo di lui,
avevano reputato geometricalmente indimostrabile. Quel nescio quid subtile
per cui s'erano l'Alhazen e Vitellione argomentati motum lucis oblique in
cidentis componi ex motu perpendiculari et motu parallelo ad densi su
perficiem (Paralipom. ad Vitell., Francof. 1604, pag. 84), parve al Keplero
esser uno spiraglio aperto alle nuove speranze d'ostetricare il primo parto
di quel connubio fra l'Ottica e la Meccanica, da'due commemorati Autori
felicemente iniziato.
tentasse di maneggiar quell'arte, invocando la Geometria applicata al moto
de'corpi, per dimostrar ciò che Euclide, e tutti gli altri Ottici dopo di lui,
avevano reputato geometricalmente indimostrabile. Quel nescio quid subtile
per cui s'erano l'Alhazen e Vitellione argomentati motum lucis oblique in
cidentis componi ex motu perpendiculari et motu parallelo ad densi su
perficiem (Paralipom. ad Vitell., Francof. 1604, pag. 84), parve al Keplero
esser uno spiraglio aperto alle nuove speranze d'ostetricare il primo parto
di quel connubio fra l'Ottica e la Meccanica, da'due commemorati Autori
felicemente iniziato.
La proposizione XIX formulata ne'Paralipomeni a Vitellione Repercus
sus fit ad aequales angulos et eius quod oblique incidit ad latus alterum,
è quella stessa formulata tanti secoli prima nel suo I Teorema di Prospet
tiva da Euclide, ma la dimostrazione è nel Matematico alemanno, dopo tanti
secoli, nuova, e a chi si diffidava di riuscir nella difficile impresa, si pre
senta inaspettata.
sus fit ad aequales angulos et eius quod oblique incidit ad latus alterum,
è quella stessa formulata tanti secoli prima nel suo I Teorema di Prospet
tiva da Euclide, ma la dimostrazione è nel Matematico alemanno, dopo tanti
secoli, nuova, e a chi si diffidava di riuscir nella difficile impresa, si pre
senta inaspettata.
Invocando dunque il Keplero il principio della composizion delle forze
applicato al moto della luce, così comincia e procede in quella sua dimo
strazione: “ Cum quid oblique movetur ver
sus superficiem, motus is componitur ex
69[Figure 69]
applicato al moto della luce, così comincia e procede in quella sua dimo
strazione: “ Cum quid oblique movetur ver
sus superficiem, motus is componitur ex
69[Figure 69]
Figura 4.
perpendiculari et parallelo superficiei. Al
superficies tantum ei parti obiicitur, quae
est in se perpendicularis, non ei quae est
sibi parallelos. Quare nec impedit partem
sibi parallelon, sed palitur mobile resiliendo
pergere ad partem alteram sicut advenerat.
Sit CDF (fig. 4) superficies, BD motus lu
cis: continuetur BD in E, secans CDF in
D, et sit CDE aequalis CDA ” (ibi, pag. 14).
perpendiculari et parallelo superficiei. Al
superficies tantum ei parti obiicitur, quae
est in se perpendicularis, non ei quae est
sibi parallelos. Quare nec impedit partem
sibi parallelon, sed palitur mobile resiliendo
pergere ad partem alteram sicut advenerat.
Sit CDF (fig. 4) superficies, BD motus lu
cis: continuetur BD in E, secans CDF in
D, et sit CDE aequalis CDA ” (ibi, pag. 14).
La ragione di questa uguaglianza la dimostra il Keplero così argomen
tando: Siccome il moto dalla parte D verso C non è impedito, ma è impe
dito solo quello da C verso E, dunque il raggio riflesso AD deve serbar
quella medesima inclinazione verso la superficie riflettente CD secondo la
quale procederebbe il raggio BDE quando non fosse impedito. In altre pa
role, deve esser CDE=CDA. Ma perchè CDE è uguale a BDF “ ergo (con-
tando: Siccome il moto dalla parte D verso C non è impedito, ma è impe
dito solo quello da C verso E, dunque il raggio riflesso AD deve serbar
quella medesima inclinazione verso la superficie riflettente CD secondo la
quale procederebbe il raggio BDE quando non fosse impedito. In altre pa
role, deve esser CDE=CDA. Ma perchè CDE è uguale a BDF “ ergo (con-